Nanowrimo 2018 – Appunti

Ho terminato con successo il Nanowrimo 2018. (Nel 2017 ho abbandonato il progetto a metà, perché era troppo ambizioso. Nel 2016, al mio primo tentativo, ho concluso con successo: leggi qui il resoconto)

È stata una faticaccia, e un’esperienza che, nonostante mi renda fiero del successo, mi ha lasciato molto frustrato su diversi aspetti, che proverò a spiegare in questo post.

50000 parole

Per raggiungere 50000 parole in un mese è stato necessario uno sforzo di disciplina che è forse la palestra più utile che offre il Nanowrimo: scrivere ogni giorno, mantenere una media costante. Sono partito alla grande, complice un viaggio di molte ore in treno, e lo sprint iniziale mi ha permesso di sgarrare nelle settimane successive. Poi, l’ultimo weekend di novembre, degli impegni mi hanno impedito di scrivere, costringendomi a un rush finale che ho concluso un giorno prima della fine.

Fin qui tutto bene.

Il problema è stato che, più che negli anni precedenti, ho vissuto la scrittura come uno sforzo, un dovere, un compito scolastico, e non me la sono goduta. Mi sono focalizzato troppo sullo scrivere di getto, trascurando molto sia lo stile che la storia, e questo mi rendeva consapevole di stare scrivendo qualcosa di brutto, sciatto. La cosa mi demotivava moltissimo.

Ho capito che il Nanowrimo è un ottimo esercizio, una sfida per mettersi alla prova, ma che è ben lontano dall’aiutarti a scrivere un buon romanzo. La cura e la riflessione necessari devono essere investiti necessariamente dopo, quando la pressione cala e la motivazione è ormai andata. Insomma, scrivere bene non è stato al centro del mio mese, e il mio piacere nel farlo ne ha risentito troppo.

Preparazione

Come avevo già capito, la preparazione è fondamentale se si vuole scrivere di getto senza troppo pensare. Ho lavorato parecchio nel mese di Ottobre (il Preptober, appunto) per delineare la traccia e i temi da sviluppare. I problemi sono stati i seguenti:

  1. Cambio a metà. Avevo iniziato a delineare una storia, che però aveva degli aspetti che non mi convincevano, e verso la fine di ottobre ho dirottato drasticamente verso una nuova idea. Questo naturalmente mi ha lasciato meno tempo per pensare.
  2. Vaghezza. Avevo ben chiara la storia nel suo complesso, l’ambientazione, il tema e alcuni personaggi. Ma sono partito senza rispondere ad alcuni dei perché fondamentali della mia storia. In particolare, l’evento chiave è stato lasciato indefinito per quasi tutto il mese. Quindi io scrivevo di una cosa che in realtà non avevo ben chiara nemmeno io, e quando mi sono dato una risposta è stato troppo tardi.
  3. Trama e snodi. Odio le trame. Credo che la buona letteratura sia fatta di stile, parole, pensieri, e la trama sia solo un giochetto meccanico che non mi ha mai interessato. Però almeno una struttura bisogna darla, altrimenti non possiamo chiamarla una “storia”, ma solo una sbrodolata, e non abbiamo più quindici anni. Insomma, avevo bisogno di snodi narrativi che facessero muovere la storia. A differenza della volta precedente, mi sono messo bene in testa il finale: sapevo cosa doveva succedere nell’ultima scena, quindi sapevo dove doveva andare a parare il tutto. Però ho lasciato troppo indefiniti gli altri snodi narrativi. Per cui sono partito con le idee chiare, mi sono perso a metà, e mi sono affrettato a tirare le fila. Per buona parte del romanzo non sapevo letteralmente dove andare a parare.

Per concludere, la preparazione è fondamentale. Certo, una struttura troppo rigida ti impedisce di lasciare che i propri personaggi siano liberi di fare cosa vogliono, e di sorprenderti. Però è necessario sapere dove portarli. E se sono ben pensati, vanno nella giusta direzione

Inizio e fine

Ho scoperto, o meglio ho avuto la conferma, che a me piacciono gli inizi. I set up, le ambientazioni, le introduzioni. A me piace tutto ciò che ti introduce alla soglia di un mondo fantastico. Quello che succede poi mi annoia subito, non mi interessa. Me ne ero accorto nei videogiochi, in cui mi diverto a ripetere compulsivamente i primi livelli sempre con nuovi personaggi, per poi perdere interesse man mano che salgo verso il cap. Oppure nei larp, in cui il primo atto è sempre quello che mi diverte di più, mentre poi sopravviene la confusione e la stanchezza.

Con la scrittura è uguale. I miei primi capitoli sono entusiasmanti, divertenti da scrivere e concepire. Poi i problemi dei miei personaggi mi annoiano terribilmente. Ho un cassetto pieno di primi capitoli.